L’influencer di TikTok e Instagram Stephanie Matto vende le proprie scorregge in barattolo per 1000 dollari al pezzo grazie a un processo di marketing applicabile a qualunque settore.
Se hai intenzione di commercializzare un prodotto che valga più di un peto, dovrebbe funzionare anche per te.
Analizziamo in questo post il piano di marketing utilizzato dall’impavida per monetizzare un mercato che ridicolizzerebbe chiunque si ostinasse a sostenere “Ma il mio settore è particolare!”.
Perché… signori… Lo ripeto: la ragazza scorreggia in un barattolo, sigilla il tutto e c’è gente che sborsa più di un migliaio di verdoni per accaparrarsi la mercanzia.
Quindi nel momento in cui (ragionando sul marketing) un conoscente, collega o socio in affari estrae dal cilindro la solito scusa “Il mio mercato è differente / particolare” fai leggere SUBITO il presente articolo.
Vediamo innanzitutto come funziona il business in questione.
Guarda a partire dal minuto 1:46 il seguente video dello YouTuber Tweener per gustarti la bella influencer che si dedica alla sua attività imprenditoriale.
Per farla breve: Stephanie documenta minuziosamente le sue giornate in cui mangia cibi che provocano aerofagia, poi racchiude l’aroma che riesce a sprigionare dentro un barattolino di vetro insieme a petali di rosa e scrive a mano un biglietto con dedica al cliente che le ha commissionato il prodotto.
Prezzo medio di vendita: 1000 dollari a barattolo.
Guadagno dichiarato al momento dell’uscita del video citato: 200mila dollari.
Fantastico.
Perché ho scelto un esempio tanto sopra le righe per illustrare concetti di Marketing Design?
Perché l’assurdità del business in questione credo aiuti a delineare in modo molto evidente le corrette dinamiche di marketing (inteso nella sua accezione etimologica di “mettere a rendimento – ovvero monetizzare – un mercato”).
La brava Stephanie NON ha detto:
Mi piace scorreggiare e sono molto brava nel farlo, quindi ora vedo se qualcuno è interessato a comprare le mie loffe!”
Molto più probabilmente è accaduto invece quanto segue.
Punto 1) Data la sua visibilità da VIP sbarazzina sui social network è sicuramente entrata in contatto con numerose richieste di utenti che palesavano le loro perversioni.
Nota: puoi accorgerti di quanto sia importante questo aspetto perché per esempio nel suo sito web la primissima parte subito dopo l’header è un form di contatto generico nel quale gli utenti possono lasciare messaggi. Ammira:

Come ben sai, questi canali di comunicazione in entrata così generici normalmente nei portali sono situati in apposite sezioni (per esempio la classica pagina “Contatti”) e sicuramente subordinati a una chiara spiegazione di cosa si può ottenere in seguito a una comunicazione.
Per lei no.
Lei conosce i suoi utenti potenziali e ha una fama ben definita.
Sa bene che il “desiderio di mercato” che soddisfa è proprio quello di dare la parvenza di poter accontentare ogni più inconfessabile perversione. Quindi il suo sito grida da ogni parte: “Confessami ciò che vuoi. Io posso esaudire i tuoi desideri.”
Per essere chiari, la lezione qui non è di inserire un form di contatto nella testata del tuo sito. Bensì devi emulare Stephanie nella sua attenta ricerca e comprensione dell’audience di riferimento.
Punto 2) Avrà fatto qualche ricerca (o presumibilmente si è fatta aiutare) in materia di psicologia scovando una buona nicchia di persone affette da eproctofilia.
Punto 3) Avrà chiesto agli utenti più attivi sull’argomento (potremmo definirli degli early adopter, in questo caso… se non addirittura innovatori) come avrebbero gradito la fruizione tecnica del prodotto/servizio.
Punto 4) A ciò sarà seguito qualche test.
Se leggi il mio sito web da un po’ di tempo, puoi immaginare quale tipologia di test. Semplice: tentativi diretti di vendita.
Le prime volte avrà addirittura creato l’equivalente di un MVP ( ovvero un Minimum Viable Product, una versione di un prodotto con funzionalità appena sufficienti per essere utilizzabile dai primi clienti che possono quindi fornire feedback per lo sviluppo futuro del prodotto stesso).
Settati alcuni parametri fondamentali (come il prezzo e la redditività della nicchia) è passata al punto successivo.
Punto 5) Fatte le prime vendite è dovuta passare al marketing operativo.
Nello specifico si è mossa su due versanti.
Il primo (sicuro e verificabile) è consistito nel virare con decisione la sua immagine quasi esclusivamente su questo particolare mestiere.
I suoi contenuti online riportano minuziosamente tutti i “dietro le quinte” di questo delicato prodotto.
In pratica è diventata online “Quella che ti vende i peti”.
Contemporaneamente i suoi primi clienti saranno stati stimolati (molto probabilmente senza particolare sforzo da parte di Stephanie) a “diffondere il verbo”. Le hanno letteralmente fatto PR.
Presumo che nel torbido mondo delle perversioni sessuali non sia così frequente trovare una “celebrità” (non ci soffermiamo ora troppo su questo termine) disposta a proporre un tale servizio e a sponsorizzarlo candidamente. Probabilmente ci saranno altre professioniste che si immolano per la causa, ma nessuna di loro è un personaggio pubblico famoso e riconoscibile dalla massa.
Ecco che, dunque, tutti gli individui che provano piacere da questa pratica si sono letteralmente lanciati sul suo e-commerce. Magari non saranno tanti (o forse sì), ma quello che conta è quanto il gruppo di persone che costituiscono gli early adopters e la maggioranza precoce sia attivo. E “pagare mille o duemila dollari un barattolino di vetro con dentro una scoreggia” può sicuramente essere definito un atteggiamento di acquisto “MOLTO attivo”.
Forse il progetto Stephanie Matto non gode di una elevata possibilità di “messa in leva” troppo importante (non vorrei farle da HR qualora dovesse assumere personale per incrementare la produzione), ma a livello di personal branding sta lavorando egregiamente. Non stento infatti a credere che chiunque abbia perversioni più o meno inconfessabili, stia inondando la sua casella email… con i soldi già in mano.

Oltre a ciò è da considerare che il suo personal brand PUÒ invece essere messo in leva, come dimostra il merchandise acquistabile sulle sue piattaforme (facci un giro, se vuoi vedere delle candele profumate in modo insolito).
Quindi da questo caso singolare che renderebbe fiero Piero Manzoni, possiamo estrapolare il processo corretto per posizionarsi efficacemente sul mercato.
Ricapitoliamo.
NO: “Ho un prodotto del quale sono entusiasta e spendo in pubblicità massiva per venderlo.”
BENSÌ: “Capisco cosa un determinato mercato sta attivamente chiedendo, ne produco la risposta (commercializzandola) e faccio in modo di colpire innanzitutto gli innovatori e gli adottatori precoci della nicchia.”
Chiaro?
Tecnicamente, i punti da seguire – epurati da flatulenze – sono:
1) Esamina il mercato alla ricerca di una nicchia che stia manifestando un desiderio attualmente insoddisfatto (o non completamente soddisfatto) dalle offerte commerciali esistenti.
2) Valuta matematicamente se la nicchia può essere profittevole (capacità di spesa, facilità nel contatto, tipo di fruizione, ecc…).
3) Entra in contatto con l’utenza più attiva e chiedi direttamente come vorrebbe il prodotto. Usa i feedback per creare un progetto sostenibile e dall’offerta irresistibile mirata agli innovatori ed early adopters.
4) Inizia subito a vendere. Questo è l’unico vero modo che hai per verificare la bontà della tua idea. Se hai la prova che gli utenti acquistano e che i margini sono profittevoli… hai vinto.
5) Pianifica il marketing operativo per:
- poter espandere le tue vendite
- richiedere finanziamenti e aumentare l’efficacia del business
Bene.
Ora… se la tua perversione è quella di ricevere finanziamenti astronomici per far decollare un tuo progetto, puoi confessarmela qui. Esaudirò il tuo desiderio.
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